mercoledì 20 novembre 2013

INCUBO

Il sonno di Ivan come al solito non fu per niente riposante. Immancabilmente il ricorrente incubo notturno gli fece visita. Non lo lasciava mai, quasi fosse come la persona che amava, che come anni prima divideva il letto con lui.
Ivan non si spiegava come mai, dal giorno in cui ha perso la moglie e i due figli, quell'incubo era comparso. Cosa voleva dire? Quale messaggio voleva mandargli?
La parte in cui i mostri volevano la sua carne, lui riusciva a comprenderlo; quello che non capiva era, invece, perché prima combatteva contro di loro come un leone, tentava di fuggire non ci riuscendosi, avvertendo le gambe pesanti, la lentezza dei movimenti, il dolore a fare una qualsiasi azione che una persona come lui avrebbe fatto senza nessuna difficoltà.
Quando, invece, decideva di soccombere, di abbandonarsi alle fauci dei mostri, la pace lo pervadeva, il dolore spariva, la serenità di essere giunto alla fine di un cammino impregnava la sua anima ed il suo corpo, alla stregua di un uomo molto anziano che muore nel suo letto, circondato dai suoi familiari,  dopo una vita vissuta pienamente e felicemente.
Per quanto si sforzava di vedere messaggi, premonizioni, avvertimenti in quell'incubo, per quanto cercava di analizzarlo nelle scene, negli odori, negli stati d'animo, nei rumori, nelle sensazioni fisiche la sola conclusione che traeva era che lui doveva diventare un mostro.

Avvertiva, attraverso l'incubo, che la parte più nascosta del suo essere volesse finalmente emergere, essere libera; il suo IO più intimo, istintivo, primitivo aveva trovato finalmente un mondo per lui, una realtà in cui poteva sentirsi libero di esprimersi davvero. Un mondo senza legge, senza convenzione sociale e morale; senza nessun tipo di regola, che i codardi uomini, animali sociali, chiamano pacifica convivenza.
Il dolore, l'impotenza che nell'incubo lui avvertiva, altro non era che il tentare di combattere la bestia che si nascondeva dentro di lui, per impedirgli di uscire.
Ivan, non voleva che la parte peggiore di lui si liberasse; non voleva che questo novo mondo, tra morti che camminano e vivi stupratori e cannibali, uccidesse la sua parte nobile.
Doveva trovare qualcosa in cui credere, qualcosa da amare, doveva avere uno scopo! Questo, pensava, era l'unico modo per fare in modo che quella parte odiata ma amata contemporaneamente, rimanesse sepolta e dominata ancora dentro di lui.
 
Si ricordò di quello che diceva sempre sua madre quando lui, da piccolo, piangeva per la paura del buio, e del mostro che credeva si nascondesse sotto il letto:
"Amore, mio piccolo cavaliere, quando credi che sotto il letto ci sia il mostro nero, accendi la luce, prendi la tua spada, scendi dal letto e guardaci sotto.
Se le paure si rendono conto che non hai timore di loro, che le cerchi per combatterle, scappano via. Le ombre cattive fanno le gradasse solo con chi non le affronta e le teme. Sono molto vigliacche e se qualcuno si mostra forte, se la danno a gambe e non tornano più".
 
Ivan decise a modo suo di affrontare le paure. Si mise in assetto tattico, si armò e sgattaiolò fuori dalla sua tana di nascosto come un ladro. Quella notte sarebbe andato a caccia di mostri, siano stati essi zombie o meno, li avrebbe affrontati ed uccisi.
Mentre usciva non si accorse di Max che, con lo sguardo, lo scrutava e ne seguiva ogni movimento, quasi leggesse nei sui passi e nei suoi pensieri, quanto avesse intenzione di fare. Tantomeno si rese conto che il suo amico e commilitone, silenzioso come un ombra, come solo lui sapeva fare, era intento a seguirlo.

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