mercoledì 6 novembre 2013

CROCIFISSO 12

Ivan rimase colpito da tanto ardore che il prigioniero aveva sputato fuori al nominare il Messia. Si girò pensieroso, guardando fuori dalla finestra, cercava un modo per continuare la discussione pensando al modo per far si che i due non chiudessero a riccio.
Decise che forse era meglio concedergli qualcosa, pensava che dirgli qualcosa di loro, sarebbe servito a far cadere le barriere che Totò aveva alzato.
Si sedette di fronte all'uomo e disse:
"Noi, io ed il mio amico armadio, siamo due poliziotti, o meglio due ex poliziotti. Prima che tutto questo iniziasse, eravamo stati mandati su ad un passo di montagna per punizione. La Svizzera aveva chiuso le frontiere e noi dovevamo controllare che non ci fossero sconfinamenti clandestini. Sai, siamo stati delle teste calde e il nostro comandante, che il diavolo se lo porti, ci ha spedito lassù. Quando abbiamo visto i mostri per la prima volta, abbiamo deciso di togliere le tende e di cercare un posto sicuro. Dato che il nostro vecchio reparto era a Milano, ci stavamo dirigendo lì. Poi abbiamo incontrato una vostra squadra, e la abbiamo seguita. Prima di farci conoscere volevamo capire in cosa ci saremmo andati ad imbattere. La prudenza non è mai troppa!".
"Totò ascoltò attentamente, ma rimaneva dubbioso su quanto Ivan gli diceva; il suo istinto gli diceva che in quella storia c'era molto di più. Chiese:
"Come mai le nostre vedette non vi hanno notato?" e proseguì "Sono molto attente, non gli scappa nulla!".
"Beh in verità, non siamo dei comuni poliziotti; Quando l'età era dalla nostra parte, prestavamo servizio nei NOCS". Ivan provò vergogna per quello che diceva, lui non era mai stato nei NOCS, e aveva l'impressione di offendere Max, quando millantava l'appartenenza a tale reparto. Sapeva quanti sacrifici e quanta fatica occorrevano per entrare a far parte del Nucleo. "Siamo in grado di non farci notare", concluse Ivan.
"Che facciamo decidiamo di fidarci gli uni degli altri?" proseguì, leggendo negli occhi di Totò la diffidenza, "Perché io e Max non abbiamo intenzione di rischiare il culo. Siamo sopravvissuti ai morti per tutto questo tempo, e non abbiamo intenzione di rimarci secchi per mano dei vivi".
"Ok mi voglio fidare  anche se il mio istinto mi dice di no" rispose Totò, "d'altronde che alternative possiamo avere? siamo prigionieri e disarmati; E poi due tizi con la vostra esperienza possono farci comodo."
"D'accordo! Ma perché i prigionieri?" disse a bruciapelo Ivan, ricordando la scena di qualche giorno prima, "perché catturate gli altri sopravvissuti?".
"Perché sono impuri! Non sono degni di far parte del nostro popolo se prima non si convertono, se non accettano il nostro Messia come loro Dio. Sono degli animali e come tali vengono trattati".
"Presumo che il cammino verso la rivelazione, passi attraverso la fatica" disse Ivan.
"E anche dimostrando di essere degni, di essere servi fedeli del nostro Messia obbedendo ad ogni suo volere", gridò Matteo, stanco di stare in disparte. In fondo lui si sentiva un uomo, aveva lottato, sofferto, assecondando ogni volere, spirituale e materiale del Messia, per essere considerato tale e non accettava di essere tenuto in un angolo come un lattante in castigo.
Max stava per abbassare ancora una volta la sua grande mano sul volto del ragazzo, per ricordagli di tacere, ma Ivan lo fermò. "Fai il bravo Max, Paperino si sente adulto, lasciamolo partecipare ai discorsi dei grandi, ma se fa il maleducato, ricordagli come ci si deve comportare", facendo un grande sorriso accompagnato da un occhiolino verso Max e il ragazzo.
Voltando di nuovo il volto verso Totò prosegui:
"Dunque, vediamo se ho capito bene, siete stati eletti per sopravvivere in questa apocalisse; lottate per liberare il mondo dal male, catturate altri uomini per convertirli, ma nel cammino di conversione li trattate come schiavi, li fate lavorare perché, voi eletti, avete il ruolo di combattenti; fin quando i miscredenti non sono degni del vostro popolo li considerate animali, e potete ucciderli senza pietà come vi abbiamo visto fare con due di loro, quando lo sciame ha attaccato la vostra carovana giorni fa. Se due più due fa quattro, visto che sono schiavi, sono autorizzato a pensare che le donne vengano regolarmente stuprate, d'altronde i soldati di Dio devono avere delle ricompense, quando servono il loro Messia". Nell'animo di Ivan, cresceva una rabbia enorme mentre esternava il suo pensiero agli altri, tuttavia non voleva credere che quello che stesse dicendo corrispondesse a verità; voleva con tutto il suo cuore che si sbagliasse, che il suo pensiero era la conseguenza di tanto stress e orrore vissuto fino a quel momento. Ma lo sguardo allucinato di Totò e il bloccarsi del ragazzo gli dicevano che aveva colpito nel centro, che la follia umana stava esplodendo, in un mondo senza più regole e morale, in tutta la sua prorompente malvagità.
"Sono animali e devono servire il popolo eletto, con anima e carne, siano essi uomini, donne o bambini." gridarono all'unisono i due prigionieri.
Ivan e Max si scambiarono uno sguardo di terrore, avevano compreso appieno chi fossero i veri mostri in questa nuova apocalisse.
"Ma come fate a mantenerli? come vi mantenete? Intendo col cibo?" chiese Max, cercando di calmare l'onda di puro terrore che lo aveva assalito.
"Questa città ha tante villette con grandi giardini, recintati da alte mura, coltiviamo la terra e ne raccogliamo i frutti" disse Matteo guardando in direzione di Ivan che rimaneva ancora muto e scosso da quanto sentito, "quando la terra non ci allieta con i suoi frutti, i senza nome, servono il popolo eletto con la loro carne, così con il loro sacrificio, vengono mondati dai peccati e saranno accolti con canti di giubilo dal Padre Celeste", continuò Matteo senza paura fiutando il terrore che sgorgava dal corpo di Ivan.
A queste parole l'anima di Ivan morì definitivamente. Si alzò, si diresse verso il ragazzo di cui ormai non ricordava nemmeno più il nome e disse:
"In nome del genere umano, e di tutte le religioni conosciute, di tutte le leggi scritte dagli uomini e in nome di tutte le vostre vittime, siete state riconosciuti colpevoli di: riduzione in schiavitù; stupro; cannibalismo; omicidio; tortura; pedofilia e infanticidio! Siete condannati a morte". Finì la frase, estrasse la pistola e sparò, contrando il ragazzo in piena fronte.
"Porca puttana Ivan che hai fatto? Cazzo hai fatto! Era solo un ragazzo!" gridò Max estraendo a sua volta l'arma e puntandola verso Ivan.
"Max raccogli le tue cose; Vai al mezzo, ce ne andiamo! Io ti seguo tra qualche ora", disse abbassando l'arma e guardando Max così intensamente, che quest'ultimo non riuscì ad obbiettare e fece quanto detto.
Due ore dopo Ivan raggiunse MAx nel luogo dove avevano nascosto il mezzo, e senza scambiarsi nemmeno uno parola, fecero rientro. Nel frattempo il Messia, si affacciò alla sua finestra, come  ogni giorno faceva; sul muro dell'edificio di fronte vide quella che sembrava una croce con un corpo attaccato ad essa. Prese il binocolo e guardò quella, che a lui parve essere una  blasfemia; quello che vide gli fece scappare un urlo e lasciò cadere il binocolo per terra.
Su quella croce c'era il corpo di Totò, con i genitali e la lingua recisa. Sulla sua testa un cartello, su cui era scritto:  "Tu sei il Messia. Io sono il tuo Ponzio Pilato".

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